Rubicone: dall’anima dei luoghi al simbolo universale

Il Rubicone è un piccolo fiume, oggi come duemila anni fa. La sua importanza storica è legata ad un evento unico e straordinario: il suo attraversamento in armi da parte di Giulio Cesare nel 49 a.C. che, contro la legge di Roma, ne sanciva anche il futuro destino di grande impero, mutando così le sorti del mondo.

Ponte romano  sul fiume Rubicone a Savignano sul Rubicone
Il ponte romano sul fiume Rubicone a Savignano sul Rubicone

Proprio questo piccolo fiume era stato scelto per delimitare (dall’89 al 42 a.C.) il territorio di Roma da quello della Gallia cisalpina. Rappresentava il limes, il confine sacro che Giulio Cesare, varcandolo in armi, ha trasformato nella metafora universale di decisione irreversibile.

Statua di Giulio Cesare
La statua di Giulio Cesare sul ponte romano a Savignano sul Rubicone

Fatalmente, dopo duemila anni, il Rubicone torna di nuovo ad essere segno di confine durante l’offensiva finale che nella seconda guerra mondiale vide tedeschi e alleati opposti e schierati sulla linea Christa. Anche in questa circostanza la violazione di un confine, su cui il fronte aveva a lungo sostato, lascerà conseguenze e ferite drammatiche sul territorio circostante bombardato dal cielo, da terra e dal mare.

Simbolo di quella distruzione che aveva devastato la città per quasi il 90%, il ponte romano di Savignano sul Rubicone, eretto nel I secolo d.C., dopo aver resistito a duemila anni di saccheggi e depredamenti, veniva minato e fatto saltare completamente dalle truppe tedesche in ritirata.

Giulio Cesare, il Rubicone, il ponte augusteo sono divenuti e rimasti nel tempo i simboli di una vicenda comune, immortalati nella poesia di Dante e di Pascoli, nella prosa del Boccaccio e di tanti altri poeti, scrittori, artisti, oltre che dai viaggiatori che dall’inizio dell’epoca del Grand Tour ne hanno lasciato testimonianza nei loro racconti di viaggio.

Periodo romano

Le fonti storiche non forniscono indicazioni precise sull’itinerario seguito da Cesare da Ravenna al Rubicone né sull’ubicazione precisa del fiume. Cesare non ne parla nei suoi Commentari, ma ne scriveranno successivamente, oltre a Cicerone, storici e geografi del mondo antico come Lucano, Svetonio e Plutarco, Appiano e Claudiano, Strabone e Plinio.

I resoconti forniscono complessivamente la ricostruzione degli eventi dall’arrivo di Cesare a Ravenna alla decisione di farsi nemico di Roma, fornendo gli elementi di una efficace sceneggiatura, intrisa di suspense, colpi di scena, eventi prodigiosi e leggendari.

Tabula Peutingeriana, particolare del fiume Rubicone
Tabula Peutingeriana (particolare del fiume Rubicone)

Una carta itineraria del III / IV secolo d.C., la cosiddetta Tabula Peutingeriana, indica il Rubicone quale unico corso d’acqua che attraversava la litoranea via Popilia (Romea) e la via Emilia nel tratto tra Rimini e Ravenna, indicando come ad confluentes la località tuttora esistente e chiamata Compito (da mutatio Compitum) corrispondente all’antico insediamento di Savignano, unico villaggio, stazione di posta, abitato rurale sulla via Emilia sorto fra Rimini e Cesena, come indica la denominazione, all’incrocio di fiumi e di strade che congiungevano la collina al mare.

Periodo medievale e moderno

Il Compitum, dove tuttora sorgono la pieve medievale, l’area archeologica circostante e il museo archeologico eponimo, viene distrutto e abbandonato a causa delle invasioni barbariche, a cui segue il lungo periodo dell’Esarcato e dell’infeudamento delle terre, le concessioni di poderi e proprietà alla Chiesa romana in una frammentazione che andrà a ricomporsi con il dominio dei Malatesta, passando per le sanguinose lotte comunali a rivendicazione degli antichi confini.

È sotto la dinastia malatestiana che sorgono i vari castra: quello di Longiano, ancora oggi splendido borgo medievale racchiuso dentro la doppia cinta muraria, quello di Sogliano, in mano ai Malatesta di Verucchio per quattro secoli; quello di Borghi, a lungo conteso fra i Malatesta e i Montefeltro per la sua posizione strategica; quello di Roncofreddo, piccolo comune dal territorio immenso, comprendente otto castelli che ancora oggi punteggiano il mutevole paesaggio; quello di Gatteo, nella pianura che guarda al mare; quello di Savignano, costruito a ridosso del ponte romano, fino ad allora monumento solitario nella pianura attraversata dalla via Emilia e circondata da una vegetazione fitta.

È così che gli sparsi insediamenti diventano agguerriti castelli su cui i Malatesta di Rimini puntano per l’espansione dei loro territori, roccaforti di confine, rifugio di nobili, di congiure e battaglie incessanti per la conservazione del potere.

Alla disputa per per la definizione e l’appartenenza politica dei confini si affianca la disputa letteraria per la contesa e l’attribuzione del vero Rubicone, per secoli materia di dotte esercitazioni poi di erudita diatriba da parte di protagonisti illustri. Una querelle mai sopita e ancora oggi motivo di contesa e rivendicazione.

Nel corso dei secoli, a causa di fenomeni e mutamenti idrogeologici, la parte del fiume che scorre dalla pianura al mare viene sconvolta, si perde traccia dell’antico fiume, le cui sorgenti e il cui corso montano rimangono invece invariati.

Periodo contemporaneo

Romagna solatia, terra natale di un altro Cesare. Con Regio Decreto nel 1933 il capo del Governo Benito Mussolini attribuisce alla città di Savignano di Romagna la denominazione sul Rubicone, ponendo autorevolmente fine alla vexata quaestio.

Dieci anni dopo la guerra, il fronte, i bombardamenti, la ritirata dei tedeschi, l’avanzata degli alleati hanno di nuovo per testimone quel fiumiciattolo che sembrava diventato un ostacolo insormontabile, a cui la gente comune non dava importanza, chiedendosi perché il fronte dovesse fermarsi proprio lì, su quel corso d’acqua insignificante rispetto ai grandi fiumi del nord.

Il Rubicone si ingrossa sotto una pioggia incessante ostacolando le operazioni militari, assistendo allo spettacolo raccapricciante di vere e proprie stragi e allo scenario di un territorio devastato e distrutto.

Seguono la faticosa ricostruzione, quella del ponte durata dieci anni, gli anni del miracolo economico e della trasformazione del paesaggio agrario in quello commerciale e industriale, si smarriscono la percezione affettiva del fiume e il sentimento condiviso della sua presenza viva, fonte e contesto di lavoro, consuetudini, sociabilità diffusa.

Il paesaggio attuale configura un territorio articolato tra conglomerati urbani, campagna e litorale, caratterizzato da un’economia costituita da attività agricole, commerciali, industriali e turistiche che dimostra forti tradizioni e altrettanto forti potenziali di sviluppo; un territorio che proprio dalla sua non omogeneità trae grandi risorse.

Ai mega centri commerciali, alle cittadelle del consumo e del divertimento, si affiancano ambiziosi progetti di recupero del fiume e delle sue pertinenze attraverso la realizzazione di parchi fluviali, aree verdi e attrezzate, interventi di razionalizzazione del territorio, percorsi culturali e turistici.

Di questo territorio il Rubicone rimane un simbolo ideale di audacia, responsabilità e cambiamento, e che i simboli parlino alla ragione o al sentimento sono e rimangono dentro di noi.

Fonte:
Nota storica-culturale di Paola Sobrero